Recensione libro “La casa sull’isola” di Catherine banner

Una saga familiare che ha assorbito tutta la mia attenzione fin dalle prime pagine, la fluidità della prosa mi ha completamente catturato, trascinandomi lì, su quell’isola sperduta al largo della Sicilia.

Il racconto si presenta subito ricco e corposo, le vicende si snodano tra un personaggio ed un altro, narrato con maestria, svelandone man mano le storie e i retroscena. Vite vissute all’ombra di paure ancestrali, legate a leggende e racconti tramandati nel tempo e che sono riusciti a penetrare le anime di ogni abitante dell’isola.

L’isolamento forzato ha trasformato Castellamare in un luogo chiuso, gretto, restio ai cambiamenti. Il giovane Amedeo, medico fiorentino dalle idee moderne, si ritrova ben presto alle prese con i poteri forti dell’isola che si oppongono al suo ruolo di medico condotto. Eppure Amedeo nonostante tutto sente un’affinità speciale, unica, con l’isola, la considera da subito casa sua. La gente diventa la sua gente, e prendersi cura di loro non è solo un dovere ma un piacere, anche se la paga è magra e le condizioni ambientali non delle migliori.

Le credenze popolari, le tradizioni che animano la quotidianità di Castellamare conquistano immediatamente Amedeo, e le trascrive con una cura maniacale su un libretto che porterà sempre con sè. Le storie del passato, i racconti dei vecchi cantastorie lo hanno da sempre affascinato, e l’isola è così intrisa di antiche leggende di cui ormai si sono perse le origini, ma così vive nell’immaginario degli abitanti di Castellamare.

In questo luogo dimenticato da Dio la vita scorre tra alti e bassi, lontano dalla terraferma si ha la sensazione di vivere in un’altra dimensione. Ma il mondo al di là dell’isola sta cambiando, una grande guerra è alle porte e molti uomini sono chiamati al fronte. Anche Amedeo fa la sua parte, patirà e combatterà una guerra che non ha voluto. Molti non faranno ritorno a casa, altri torneranno mutilati nel fisico e nell’anima.

Ricominciare è dura, tra lutti e miseria, la vita pian piano ricomincia, e anche Amedeo decide di sposarsi con Pinavedova di guerra. Una donna energica, colta, capace di guidare la sua famiglia con dolcezza e fermezza allo stesso tempo.

L’amore che li lega è un amore profondo, tenero; una sintonia perfetta, come può esserlo solo quello tra un uomo e una donna che si rispettano e si stimano.

Tutto sembra andare per il meglio fino a quando il medico condotto non viene coinvolto in uno scandalo, un presunto figlio concepito la notte prima delle sue nozze con Pina. La verità celata per tanto tempo è ora sulla bocca di tutti, Amedeo non sa come rimediare ad un errore commesso in un momento di debolezza, una storia che per lui non ha significato nulla comprometterà la sua vita e quella dei suoi figli.

Un errore che nel tempo ha alimentato odi e rancori, e a pagarne il prezzo più caro saranno proprio i suoi figli, costretti a subire le maldicenze di un intero paese.

Il perdono della moglie sarà solo l’inizio di una nuova vita per Amedeo che da quel momento in poi si ritrova a doversi reinventare, deve rinunciare per sempre alla sua professione di medico. Riapre un bar ormai chiuso da tempo e incomincia una nuova vita dietro un bancone servendo caffè, limoncello e arancini.

Tutto sommato la sua vita lo soddisfa, arrivano i figli e il benessere, la vita scorre placida, e il bar diventa il centro nevralgico di Castellamare, dove incontrarsi e condividere pensieri, e sovente spettegolare. Infatti i pettegolezzi sono e saranno lo spettro che li assillerà, impareranno con il tempo a conviverci, la famiglia di Amedeo è costantemente sotto l’occhio vigile dell’intera comunità.

Intanto un’altra guerra è di nuovo alle porte e questa volta sono i suoi figli a partire. Resteranno solo in compagnia dell’unica figlia rimasta, Maria Grazia.

Figura predominante, che fin da piccola, affetta da un handicap, ha saputo imporsi a modo suo in una società arcaica e gretta, che non ha fatto altro che compatirla.

Ho amato molto questo personaggio, una bambina vivace, intelligente, che ha saputo guardare oltre, che ha saputo prendersi cura della propria famiglia quando tutto sembrava perduto. Un animo nobile, gentile, tenace in grado di dare molto e abbastanza forte da sopportare le ingiustizie.

Le donne in questo libro sono il cuore pulsantel’anima, figure che hanno retto il peso della perdita, che hanno saputo rialzarsi e sfidare il destinoCapaci di amare con ardore, senza mai dimenticare sé stesse, pretendendo rispetto per il loro ruolo di matriarche in una società maschilista e arretrata.

Pina, Maria Grazia, Maddalenadonne del passato, del presente, del futuro.

Ognuna artefice del proprio destino in un mondo che si evolve velocemente, ma i cambiamenti colpiranno anche loro, saranno costrette a stare al passo.

Ma il passato incombe ancora prepotentemente su tutti loro, con le sue ombre, con i suoi segreti e bugie. È giunto il tempo della verità e del perdono.

Molte sono state le recriminazioni, le perdite, e gli odi, e solo chi crede nella sua terra, nelle sue origini ha la forza di guardare al domani con occhi nuovi, portando sempre nel cuore il ricordo di chi non c’è più, e restando in attesa di coloro che stanno tornando a casa, perché casa è là dove c’è la propria storia.

Un romanzo ricchissimo sotto tutti i punti vista, capace di intrattenere il lettore con un lessico semplice e fluido; trama piena, avvincente, interessante. Quello che ho apprezzato di più è la cura dedicata ai vari personaggi, ne ho ammirato la crescita, la maturazione, sempre in perfetta sintonia al periodo storico vissuto.

Mi complimento, altresì, con l’autrice Catherine Banner, di origini inglesi, per essere riuscita a raccontarci, con un autentico realismo, una parte importante della nostra storia italiana.

SCHEDA DELL’EDITORE

1914, isola di Castellamare, Sicilia. In una notte d’inverno, due bambini nascono in due case distanti solo qualche centinaio di metri. Il primo è figlio di Amedeo, il medico condotto dell’isola, e di sua moglie Pina. Anche il secondo è figlio di Amedeo, ma la madre è la sua amante, Carmela, moglie del sindaco di Castellamare. Insidioso, lo scandalo si propaga nell’isola e distrugge la reputazione di Amedeo, che è costretto a lasciare il suo incarico e si ritrova a gestire un bar-pasticceria all’interno di una vecchia casa. La terrazza del bar diventa per lui – e per gli abitanti di Castellamare – un luogo da cui osservare e commentare un mondo che cambia vorticosamente e che porta sull’isola la tragedia di due guerre mondiali, lo slancio della ricostruzione, le tensioni sociali e politiche degli anni Settanta, la sfacciata abbondanza degli anni Ottanta e le luci e le ombre del nuovo millennio. Sebbene a Castellamare tutto sembri immutabile, i figli e i nipoti di Amedeo non soltanto vivranno tutti questi cambiamenti, ma v’intrecceranno anche le loro storie di amicizia e d’amore, di morte e di speranza. Perché la Grande Storia è sempre fatta di piccole storie. E s’illumina di una luce nuova se c’è qualcuno disposto a raccontarle. Magari da una casa su un’isola…

Katja Macondo

Recensione libro “Sette giorni di grazia” di Gracia Mercadè

“Una donna che voleva essere libera di amare, un popolo che voleva essere libero di scegliere: la storia di una donna che cambiò la storia del suo popolo.” Una premessa ad ampio respiro, come lo è Sette giorni di grazia di Carla Garcia Mercadè. Edizioni Salani. Un romanzo storico che ci svela una triste pagina della Barcellona del 1870, quando l’intera città è alle prese con una rivolta popolare. “Molti l’hanno dimenticata. Altri l’hanno chiamata rivolta. Ma è stata una guerra.

La guerra dei sette giorni, Senza sosta. Senza pace. Senza compassione.” Marianna, giovane donna in fuga dal proprio passato, diventa suo malgrado l’eroina di una storia più grande. La sua vita, scandita dai continui rintocchi delle campane, ci viene svelata con tutto il suo bagaglio di dolore. I segreti di una famiglia non hanno mai fine, e sarà proprio Marianna a scoprire la portata di tale peso. Il suo passato le è stato negato, la verità custodita con fredda determinazione. Un dolore immenso la costringe a fuggire da una vita non sua, e a nascondersi nei quartieri poveri di una Barcellona, che la accoglie come una propria figlia; è conosciuta come Herbetes, l’Erborista, perché conosce i segreti delle piante e sa come usarle per guarire gli uomini.

Barcellona sta andando incontro ad uno dei periodi più tristi della sua storia, il malcontento imperversa a causa della chiamata alle armi del governo spagnolo, che obbliga i ragazzi a servire nell’esercito, e che penalizza i più poveri, che non sono in grado di pagare l’imposta per esimersi dalla chiamata.

Quindi il protrarsi di nuove guerre portano allo stremo una popolazione già alle prese con la miseria e con i soprusi dei poteri forti. Quando scoppia la rivolta contro questo iniquo sistema di arruolamento nell’esercito, le vite di molti cambiano inesorabilmente, tra cui quella di Marianna, che si trova, dopo molti anni, a dover fare i conti con i segreti della sua famiglia. L’amore l’ha ferita, sconfitta, e ritrovarsi di fronte all’amore più grande della sua vita ed essere consapevole che per loro non ci sarà mai un domani, l’annienta. La consapevolezza di aver commesso un grande errore di valutazione, di essersi fatta accecare dall’amore, le impediscono di perdonare l’imperdonabile. La delusione è così lacerante, distruttivo, da averle tolto ogni gioia. Vive una vita misera, lei nata e cresciuta nel lusso, senza rammarico con il cuore arido, disilluso dall’amore.

Dedita al suo mestiere di erborista, si ritrova coinvolta in prima persona nella rivolta. “Tutti abbiamo bisogno di svelare i misteri, disfare nodi e trovare il filo. Perchè se no, non c’è verità…Ora tocca a me districare la mia. La nostra. Quella di tutti noi che vivemmo quegli anni e, soprattutto, quei sette giorni. Sette giorni. Perchè, sebbene oggi non resti più nessuno dell’epoca, tu ci ricorderai. E ci libererai dall’ingiustizia della dimenticanza. Anzi, molto di più : ci salverai dalla trascuratezza dell’oblio.” La sua figura di donna, infermiera e combattente è così forte e ben delineate, da diventare il fulcro dell’intero romanzo. Ne emerge un “personaggio” di grande rilievo, che ha un forte ascendente su tutti quelli che lo circondano durante quei terribili giorni di Barcellona. Ho amato molto questa eroina moderna, emblema di valori ormai perduti, sempre fedele a sé stessa fino alla fine. Coraggiosa come poche, si rende protagonista di un’azione audace, che la Storia le riconoscerà.

I protagonisti della rivolta emergono con forza in queste pagine pervase da grandi ideali, e da forti passioni, fieri e a testa alta affrontano il proprio destino dimenticando la paura. Un romanzo che merita tutta la Vostra attenzione. Appassionante, ricco, coinvolgente, smaschera eventi e personaggi che hanno cambiato il corso degli eventi. Una triste verità che costringe i nostri protagonisti a correre veloce incontro al loro destino verso un epilogo drammatico, inaspettato e nello stesso tempo grandioso. Romanzo ricco di dettagli storici, controbilanciato da una storia intrigante che spinge il lettore a continuare con piacere la lettura. L’autrice Carla Gràcia Mercadè ha in pieno soddisfatto le mie aspettative. Il buon ritmo narrativo, la scrittura piena e scorrevole mi hanno totalmente conquistata. I fatti narrati in questo romanzo si basano su documentazioni bibliografiche.

“Si racconta che a Barcellona, nel 1870, all’epoca della Rivolta delle Quinte, una donna umile, incarnazione del Popolo con la maiuscola, passò un giorno intero a tirare la corda del campanile di Gràcia,facendolo suonare senza sosta. Le forze militari non osavano muoversi per timore di della grande Rivoluzione che il rintocco della campana faceva presagire. Quandi i ribelli erano ormai dall’altra parte della montagna, il campanile di Gràcia continuava a suonare.” Settimanale La campana de Gràcia , 24 dicembre de 1932, articolo di Antoni Esclasans. Una precisazione della Mercadè, “molti personaggi come Marianna…sono frutto della fantasia dell’autrice. O meglio, sono personaggi che avrebbero potuto vivere fedelmente una vita nascosta e giacere in tombe senza nome.”

SCHEDA DELL’EDITORE

Barcellona, 1870. Nel quartiere di Gracias Marianna è chiamata ‘Herbetes’, l’Erborista, perché conosce i segreti delle piante e sa come usarle per guarire gli uomini. Quelli che Marianna non conosce sono i segreti del suo passato, quando neonata è stata accolta in casa Leedó, la famiglia proprietaria della grande fabbrica che dà lavoro a tanti abitanti del quartiere. È bella Marianna, bella e fiera, e quando scoppia la rivolta contro un iniquo sistema di arruolamento nell’esercito, che penalizza i più poveri, non esita a unirsi ai rivoltosi.

Nei sette convulsi giorni della rivolta, scanditi dal suono continuo della campana che chiama a raccolta il popolo, Marianna scoprirà che una famiglia può nascondere tanti, troppi segreti, e che l’amore travolge e ferisce e non concede scampo a nessuno. Un romanzo pervaso da grandi ideali e forti passioni, in cui i protagonisti affrontano a testa alta il loro destino e, dimenticando ogni paura, corrono veloci verso un epilogo drammatico e grandioso.

Katja Macondo

Recensone libro “Sotto un cielo di carta” di Roberto Ritondale

Finalmente un romanzo nuovo, innovativo, stimolante. Sotto un cielo di carta, Leone Editore. Lo definirei il libro “svolta”, quello che incontri poche volte nella vita, e che lascia il segno. In questo caso un segno indelebile, mi ha sorpreso, e nel contempo ha suscitato in me profonde riflessioni su questioni importanti, quali la libertà d’espressione, la comunicazione, la potenza e l’importanza del libero pensiero. Roberto Ritondale, autore e giornalista, ha saputo tradurre in parole una storia di ‘fantasia’ che risulta paurosamente attinente alla realtà del nostro tempo, dove imperversa una strategia del controllo da parte dei poteri forti, attraverso i social e la rete. E per l’appunto, la società descritta nel libro di Ritondale, è un mondo dove vige il “controllismo” e dove è bandita la carta. Immaginereste un mondo senza carta?

E le conseguenze di una scelta del genere? Attraverso le parole di Odal, un vecchio cartolaio nostalgico, che non si rassegna a vivere in un mondo senza carta, comprendiamo appieno il disfacimento di un’intera società civile, che paga a caro prezzo la ricerca ossessiva di un ideale di giustizia e di uguaglianza, in nome di un fantomatico progresso. Il regime del generale Sainon, salito al potere con un golpe militare, obbliga, con l’uso della forza e dei soprusi se necessario, a rispettare il suo Statuto. Sainon teorizza un nuovo sistema politico, economico e sociale, e lo fa attraverso il “controllismo”. “Ognuno avrà di meno, meno privacy, meno soldi, meno libertà, per avere di più, più sicurezza personale, più servizi, più ordine sociale.

Tutto diventa controllabile, ogni cittadino viene dotato di un tablet e solo con quello può connettersi, interagire, comunicare. Solo dal tablet può leggere libri e giornali, può studiare, prendere nota, fare acquisti; questo perché ogni tablet è connesso a un grande server che incamera i dati e li incrocia in tempo reale, scovando evasori e rivoluzionari, sorvegliando i gusti e i sentimenti, impedendo gli sprechi e le truffe.” Nessuno può trasgredire lo Statuto, la quotidianità è scandita dalle sue rigide norme, e chi vi si oppone viene eliminato come essere pensante, attraverso la demenza indotta. Un mondo crudele, inimmaginabile e insopportabile per il povero e nostalgico Odal, che non si rassegna. Gli manca terribilmente sfogliare un giornale, maneggiare un libro, scrivere una lettera su carta, e magari spacchettare un bel pacco regalo, ma quello che più gli manca è la sensazione di libertà. Perché quello è il vero motivo per cui la carta è stata bandita, non è controllabile. “I giovani, non coscienti del passato, fissano il proprio tablet con gli occhi persi, le cuffie sulle orecchie, assorbiti da una gioia priva di luce: sguardi senza colore, come doni senza carta regalo.”

Il Web si era rivelato un grande inganno, aveva promesso di avvicinare le persone e invece le aveva inesorabilmente allontanate. La rete si era fatta ragnatela, intrappolando invece di liberare.” Odal ne è convinto, talmente tanto, da sfidare le autorità più volte con il rischio di incappare nella terribile demenza indotta. E nonostante sia sorvegliato e segnalato come un nostalgico, Odal combatte una sua personale guerra al sistema, coinvolgendo, suo malgrado, sua nipote, sostenitrice del “controllismo”. Le descrive un mondo ormai perduto, forse non perfetto, ma libero di esprimersi con le parole e con i colori, e soprattutto libero di vivere le emozioni alla luce del giorno. Le dipinge un passato a lei sconosciuto, inducendola a riflettere su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Tanti personaggi si confrontano con Odal, mettendo in discussione il suo pensiero, molti lo sostengono, altri lo denigrano, altri addirittura lo deridono. Le vicende si susseguono velocemente, come veloci sono i cambiamenti in atto.

Si respira nell’aria, si sente sulla pelle il malessere, e sarà proprio lui, un sognatore, a dare una piccola ma importante spinta al cambiamento, attraverso una sua geniale intuizione. Perché “esistono leggi non scritte: quelle della compassione, dell’indulgenza e della carità…” Sono felicissima di aver letto questo libro. Lo dico così, semplicemente. Non ci sono parole per esprimere tutta la mia soddisfazione. Sono sazia come lettrice, grata di aver incontrato sulla mia strada queste pagine così ricche di significato, capaci di indurmi a riflettere sull’uso corretto dei social, e a lottare sempre per la mia libertà. Di non credere nei falsi idoli, o regimi ideali. Non esiste la società perfetta e non esisterà mai, ma esistono le persone con i loro pensiero, con la loro unicità, e sono loro la vera anima dell’umanità intera. Sotto un cielo di carta è stato pensato per giovani lettori. Personalmente lo consiglio a tutti indistintamente, perché è un’esperienza assolutamente da non perdere, per i contenuti e per la presenza di una prosa semplice che cattura e ammalia.

SCHEDA DELL’EDITORE
Odal Clean vive i suoi ultimi anni nella Grande Nazione del Nord, governata dal feroce regime del generale Sainon, promotore di una nuova ideologia, il Controllismo. Per sorvegliare in ogni minimo dettaglio la vita dei suoi cittadini, la dittatura di Sainon ha proibito l’utilizzo della carta. L’unico modo possibile per leggere e informarsi è utilizzare un tablet collegato a un grande server governativo. Ma Odal non ha intenzione di arrendersi, e nonostante le sue sofferenze ha più di un asso nella manica: il senso dell’umorismo, la vicinanza ai movimenti clandestini di opposizione al regime, il toccante amore della moglie e della nipote, l’esperienza come ex cartolaio. E sarà proprio quest’ultima la carta decisiva che Odal potrà giocare nella lotta contro Sainon.

Katja Macondo

Recensione libro “Tanta vita” di Alejandro Palomas

Lo stesso Alejandro Palomas mi ha consigliato di leggere “Tanta vita”, la sua opera preferita, quella che gli ha rubato l’anima. E questo si è sentito, si è percepita tutta la sua fatica, tutto il suo trasporto emotivo, e la sua passione per il suo lavoro, in questo intensissimo romanzo. Quello che balza subito all’occhio è la capacità di Alejandro Palomas di immedesimarsi nell’universo femminile. Il gioco dei ruoli mette in luce le diverse caratteristiche delle donne che popolano il romanzo, diverse per età, per condizione sociale e per esperienze vissute. Ognuna chiusa nel proprio labirinto, alla perenne ricerca dell’uscita da una vita che non rispecchia in pieno i sogni e le aspettative.

Le diverse voci narranti ci mettono di fronte a queste cinque donne, in un momento particolare della loro vita. Un recente lutto ha messo a dura prova il loro rapporto, distruggendo quelle poche certezze alla base della loro vita.

Il dolore è troppo grande anche per esternarlo, meglio soffrire in silenzio, rinnegando l’amore e l’affetto dei propri cari. I ricordi sono l’unica salvezza e custodirli diventa l’unico scopo. Ma su questo ultimo punto Mencìa non concorda. La matriarca, la nonna novantenne, diventa il centro nevralgico della loro disperazione. Donna energica non si fa sopraffare da nessuno, con modi bruschi e sfacciati, accompagnati da una lingua tagliente, mette a dura prova le loro emozioni costringendole a guardare in faccia la vita, la loro vita, con coraggio, senza tentennamenti.

Helena, figlia e nipote, scomparsa da poco, è la spina nel fianco, con cui il dolore le pungola ogni giorno. Figura centrale anch’essa dell’intero romanzo, onnipresente nei loro occhi, nei loro ricordi, nella loro disperazione. Personaggio controverso, amata e odiata, ha con la sua scomparsa sconvolto i già precari equilibri familiari. Rapporti irrisolti e cose non dette, sono il rammarico più grande per Lìa, madre disperata che non vuole e non può accettare la scomparsa dell’amata figlia. E chi può aiutare una madre se non un’altra madre? Mencìa con le sue idee strampalate le convince a fare una gita al faro, un luogo saturo di ricordi del passato, e quindi adatto per piangere chi è venuto meno. Le costringerà ad affrontare, ognuna a modo suo, i demoni che attanagliano la loro anima. Perché lei prima di essere nonna, madre, è una donna. Conosce bene l’animo femminile.

Come aiutare le nipoti e le figlie? Il tempo stringe, ormai la sua vita terrena è arrivata agli sgoccioli, non le resta molto, resta solo la consapevolezza che “a novant’anni si perde il pudore e, quando non c’è pudore, saltano fuori le verità scomode, le magagne”. E passo dopo passo scorre, tra una rivelazione e un’altra, il passato di ognuna, scoprendo verità scomode e riaprendo vecchie ferite. Al dolore non c’è mai fine, e quando una nuova tragedia si abbatte sulle loro esistenze, non resta altro che soccombere. Non ci sono più lacrime, la vita ha presentato il conto, e a pagarlo, questa volta, tocca all’anima più innocente. Mencìa non accetta un domani senza il suo angelo e invoca ogni giorno quella morte che tarda ad arrivare, perché lei ha fatto una promessa e vuole mantenerla a tutti i costi. Mencìa resta il mio personaggio preferito. Ha amato e odiato con la stessa intensità. La verità è il suo mantra. Ma la sua natura dolce, sensibile, emerge per il suo pronipote, un rapporto intenso li lega, fatto di battute e passioni in comune, risate e chiacchiere.

Due mondi all’apparenza lontani, ma legati indissolubilmente da un affetto, un amore che supera tutte le barriere. Le pagine dedicate al loro rapporto sono molto toccanti, commoventi, e ci regalano un’immagine d’amore che va al di là dell’età, della vita e della morte. La vita toglie ma allo stesso tempo dà, e sarà la nascita di una nuova vita a donare a tutte una speranza, un punto da cui ripartire. Non nego che mi sono molto commossa, specie verso la fine. Trama intensa, che mi ha coinvolto dalle prime battute. Narrazione ricca di dialoghi che animano e sostengono un racconto dai risvolti a volte drammatici. Ma in fondo è vita ”vera” quella descritta da Palomas, esperienze che, purtroppo, accomunano molti. Esilarante e ironico in molti punti, evidenzia la capacità di intrattenitore dell’autore, mostrandoci anche l’altro lato della medaglia. Si può ridere e scherzare anche durante una tragedia, la vita è fatta di alti e bassi, e nulla ci vieta di cogliere ogni occasione per rialzarci con il sorriso sulle labbra, perché come dice Mencìa , citando Pablo Neruda, “Confesso ho vissuto”.

SCHEDA DELL’EDITORE
Nonna Mencía ha un braccio rotto e novant’anni. E a novant’anni, si sa, si perde il pudore e allora affiorano le verità scomode, le magagne, i segreti più crudeli, come quello che per anni è riuscita a nascondere alle figlie. Flavia ha accolto Mencía a casa sua, l’ha vista invecchiare e perdere la memoria. Dovrebbe odiarla visto che, un giorno di tanti anni fa, ha posto fine all’unica storia d’amore della sua vita. Ma Mencía è pur sempre sua madre, e poi l’esistenza è un gioco strano e forse lei ha giocato male le sue carte. Lía accudisce amorevolmente tutti, la madre Mencía, le figlie Beatriz e Inés, ma non riesce a superare il dolore per la scomparsa di Helena, la sua prima figlia. Helena, silenziosa e bella nella sua precarietà. Helena, innamorata del padre e del mare. Navigavano insieme come due meduse mute, due porte chiuse della stessa soffitta. E tornavano dalle loro gite in barca radiosi ed esausti. Un giorno, però, Helena si è avventurata in mare da sola e non è piú tornata. Beatriz, invece, è rientrata a casa in un giorno di pioggia e non vi ha piú trovato Arturo, suo marito. La casa era vuota. Non un solo mobile, né un quadro, e nemmeno una pianta. Niente. Solo uno squallido, laconico biglietto d’addio. Inés, infine, ha una strana luce sul viso da quando Sandra, un paio di occhi neri come due sentieri che si incrociano nel folto del bosco, è sbucata a tradimento, come una nube in tempesta, nella redazione del giornale in cui lavora.
Mencía, Flavia, Lía, Beatriz, Inés: cinque donne spagnole della stessa famiglia e di tre diverse generazioni, cinque donne che si incontrano in una casa della zona ovest di una Minorca autunnale, circondata dal mare come un tappeto di lana grossa e azzurra, per mostrare che, al di là dei tempi e dei mutamenti, il cuore delle donne non si lascia facilmente abbattere dai colpi della vita.

Katja Macondo

Recensione libro “Le regole del tè e dell’amore” di Roberta Marasco

Inizia così la sinossi, “L’amore di Elisa per il tè risale alla sua infanzia…”, ed è questo amore per il tè il leitmotiv dell’intero romanzo di Roberta Marasco, che ha iniziato a scrivere per vivere le proprie emozioni e tornare a credere nei sogni. La cultura millenaria che ruota intorno a questa gustosa ed intensa bevanda ambrata, ci viene donata con grazia, versata con delicatezza, e offerta con umiltà. Ad ogni capitolo una scoperta, un piccolo vademecum per noi comuni mortali che conosciamo solo il tè in bustina. Le proprietà benefiche, il colore, la coltivazione, le curiosità, i trattamenti, gli utilizzi sono parte della storia, ci vengono donate come piccole perle di saggezza. Elisa, la protagonista, ci prende per mano e ci conduce nella sua vita, della sua infanzia. Ricordi tristi, lieti, gioiosi sono tutti accomunati da una buona tazza di tè.

È stato in questo modo che la madre le ha insegnato l’amore per il tè. “È impossibile condividere un tè con qualcuno senza avere la sensazione di aver condiviso qualcosa di molto più intimo. Il tè trasforma chi lo beve. Gli spigoli si arrotondano, le parole escono più naturali, ci si sente più liberi e meno impacciati. Ci si sente improvvisamente a casa. Elisa aveva assistito a quella magia per anni.” Elisa è combattuta, dopo la morte della madre e della zia, si ritrova sola e con tante domande a cui dare una risposta. Non conosce parte del suo passato, non conosce le proprie origini, tutto è avvolto dal mistero, e sarà proprio la scoperta di una vecchia scatola di latta contenente del tè, a riportarla là dove tutto è cominciato, a Roccamori.

Una storia fragile, come sono fragili le foglie essiccate del tè. Un po’ ai margini del romanzo, Elisa non è la protagonista, lo sono tutti i personaggi che di volta in volta si affacciano e raccontano la loro versione, la loro vita. Un susseguirsi di passaggi dai toni lievi, mesti, molto delicati. Gli errori del passato sono ferite aperte, porvi rimedio è impossibile, e lo sanno bene gli abitanti di Roccamori, che vengono spesso chiamati in causa per ciò che è stato. Il dolore non scompare, si può attenuare, ci si può convivere, ma nulla mai potrà cancellarlo. Le vicende si alternano tra passato e presente, tra mito e leggenda, tra verità e mistero. Elisa, esperta conoscitrice di tè, resta incantata dalla meravigliosa varietà di camelie presenti e coltivate nell’antica dimora di Vittoria, un’anziana signora del borgo, che ha la consuetudine di offrire alle donne di Roccamori, ogni pomeriggio, il tè nel giardino.

Ammaliata da questo antico rito, e incuriosita, Elisa avrà modo di conoscere le signore del borgo, e tra un sorso di tè ed un altro, verrà messa al corrente delle loro storie e quelle del passato glorioso del paese. Antiche leggende aleggiano ancora tra le mura della dimora, intrecciate a filo doppio con le vite di tutti loro. Amori inconsolabili, amori profondi e da tempo perduti, dal sapore dolce amaro, fanno da sfondo ai misteri che ruotano intorno al passato della madre. Ma come qualsiasi buon tè, ha bisogno di un tempo di infusione, e se è buono ti rimane il sapore fra i denti, come dicono i cinesi, e non te lo scordi più.

E questa storia è buona, ha bisogno di tempo, non è invadente, deve essere assaporata con pazienza, gustata con attenzione. Una lettura gradevole, di compagnia, che mi ha donato tanto. Prosa delicata, che lascia il segno. Un libro da regalare a chi crede nell’amore e non ha il coraggio di viverlo appieno, perché  “Il vero amore non era facile da trovare, non si lasciava fotografare. Il vero amore era scritto nelle rughe delle persone, sul fondo dei loro sguardi, nella fatica di un gesto. Il vero amore si nascondeva nei posti più impensati, in una tazzina da caffè, in una michetta alla cannella e all’anice, sotto la neve che scendeva in primavera. Fra i petali di una camelia gialla che restava fiorita solo pochi giorni all’anno”.

SCHEDA DELL’EDITORE
Gli amori grandi non dovrebbero avere un tempo, sono come l’aria, come l’acqua, come il cibo. Sono il sapore del mondo, che ti resta fra i denti, come dicevano i cinesi del tè. E quando finiscono ci lasciano da soli con i nostri errori, perché li abbiamo dati per scontati, senza controllare l’orologio. Ma l’orologio, con gli amori grandi, non serve, basta il ticchettio della lancetta dei secondi, basta lasciar scorrere gli istanti senza pensarci. Perché, se ci pensiamo, allora significa che il ticchettio è appena cessato.  L’amore di Elisa per il tè risale alla sua infanzia. È stata sua madre a insegnarle tutte le regole per preparare questa bevanda e ad associare, come per gioco, ogni persona a una varietà di tè. Daniele, il suo unico grande amore, è tornato dopo tanto tempo.

Ma Elisa ha imparato da sua madre a non fidarsi della felicità, a non lasciarsi andare mai, perché il prezzo da pagare potrebbe essere molto alto. Prima di tutto dovrà trovare se stessa, poi potrà capire se Daniele può renderla felice. Quando trova per caso una vecchia scatola di tè con un’etichetta che riporta la scritta “Roccamori”, il nome di un antico borgo umbro, Elisa ne è certa: si tratta del tè proibito della madre, quello che le fece provare solo una volta e che, lei lo sente, nasconde più di un segreto. Forse proprio lì, in quel borgo antico, Elisa potrà trovare le risposte che cerca e imparare a lasciarsi andare e a fidarsi dell’amore, guidata dall’aroma e dalle regole del tè…

L’AUTRICE
È una traduttrice che un giorno si è accorta di aver trascurato le proprie emozioni. Per la fretta, le aveva tutte cacciate da qualche parte dentro di sé, proprio come si fa con gli oggetti che non si ha il tempo di rimettere in ordine. Le emozioni, però, tornano a galla, e le sue lo facevano cogliendola alla sprovvista e commuovendola nei momenti meno opportuni. Ha iniziato a scrivere per questo, per vivere le proprie emozioni e tornare a credere nei propri sogni. Per saperne di più visita la sua pagina Facebook o il suo blog “Rosa pe rcaso”.

Katja Macondo

Recensione libro “La logica del lupo” di Alex Lake

Quante volte ci è capitato di fare tardi ad un appuntamento? Troppo impegnati a risolvere un problema dell’ultimo minuto, o semplicemente perché siamo incappati in un ingorgo, o in una fila chilometrica alla cassa del supermercato… A quante donne sarà capitato? Tantissime! Sempre di corsa, in una lotta perenne contro il tempo. Quel tempo che scandisce ogni secondo della giornata, che ti fa sentire inadeguata come madre e come donna. E questa è esattamente la situazione che sta vivendo Julia, giovane avvocato alle prese con un divorzio e con la responsabilità di una figlia.

È facile, quindi, commettere un errore, e un semplice ritardo può rivelarsi fatale. Anna, la figlia di Julia, una bambina di cinque anni è sparita nel nulla, volatilizzata. Il tutto davanti ai cancelli della scuola, nessuno ha visto e sentito nulla. Come è possibile rapire una bambina in pieno giorno e non essere notati o ripresi in alcun modo? Queste sono le tante domande che si pongono i genitori di Anna e gli investigatori che stanno cercando di far luce su un rapimento così anomalo. Pensieri spaventosi assillano Julia, immagini cupe che cominciano a prendere forma nella sua testa man mano che le indagini procedono. Nulla sembrava presagire un fatto così spaventoso, e tutti possono essere i colpevoli. Gli inquirenti si soffermano sul loro passato, sulla loro vita privata, sugli attriti, sull’imminente divorzio; e la stampa, nel frattempo, viene a conoscenza di alcune rivelazioni e scatena una aggressione mediatica nei confronti di Julia, unica colpevole agli occhi dell’intera società.

Quando nasce un figlio, nasce anche la paura. Solo chi è madre o genitore può comprendere questa sensazione, che dal giorno della nascita di un figlio, non ti abbandonerà più, e non importa se gli anni passano, se invecchiamo, la paura resta sempre lì, costantemente. Quante volte abbiamo detto o pensato “L’ho perso!”, può capitare su una spiaggia affollata, in un supermercato, al parco, ovunque, in un attimo e la nostra vita si svuota di colpo, nulla ha più importanza. Una parte di te non c’è più, è sparita. Le conseguenze sono troppo spaventose, e soffermarsi significa impazzire di dolore. La paura ti inonda l’anima e il corpo si contorce in un’unica morsa di dolore, anche respirare diventa una fatica. Preghi che non sia vero, prometti che non accadrà più, che sarai più attenta, e non lo perderai mai più di vista, neanche per un secondo. Julia è ossessionato dalle più tragiche conclusioni possibili. “Che sia perduto per sempre. Vivo o morto poco importa: non lo rivedrai più e non smetterai mai di cercarlo. Vivrai rimpiangendo quell’attimo di distrazione.” Cominci a riflettere sui limiti del tempo e dello spazio, avendo la consapevolezza di non poter essere in più posti nello stesso momento.

E questo ti procura un dolore insopportabile. La compassione che leggi sui volti di chi conosce il tuo dramma rende la situazione ancora più insostenibile. Non è il giudizio degli altri che ti importa, l’unico pensiero che ti assilla è trovare tua figlia. Perché a questo punto potrebbe essere ovunque, in mano a chissà chi, esseri malvagi capaci di far soffrire pene inimmaginabili alla tua bambina, trafficanti di bambini, pedofili.  “Quando leggeva queste cose sul giornale, Julia pensava che per i genitori fosse come veder morire un figlio. Adesso, però, si rendeva conto che era molto peggio: non c’era solo il dolore della perdita, ma anche la possibilità che il figlio stesse soffrendo pene inimmaginabili. Era peggio. Infinitamente peggio.” Un thriller dai contorni ambigui, il vero protagonista non è il carnefice, ma la madre con tutti i suoi tormenti. Il lupo gode nel vedere la sua vittima cedere, indugiare, dubitare anche di sé stessa.

È l’annientamento che lui cerca, l’unico suo scopo è toglierle tutto ciò a cui tiene di più, perché “Non tutti sono come te. Non tutti sono spinti dalle giuste motivazioni. Da fuori, potrebbe anche sembrare che tu sia come loro, che siate tutti sequestratori e assassini, ma non è così. Gli altri sono delinquenti rozzi e spregevoli. Quello che fai tu è diverso. È nobile. È necessario. È giusto. Ma non puoi aspettarti che la gente capisca.” Il ritmo lento non ha scoraggiato la mia lettura, anzi, ha nutrito le mie più profonde paure. Mi sono rispecchiata nei pensieri di Julia, mi sono sentita dentro la storia, coinvolta psicologicamente. Il filo conduttore è stato teso con intelligenza, i protagonisti ben delineati, con le loro debolezze, i contrasti e le loro delusioni. Un mix perfetto che ha alimentato il lupo, in agguato e pronto ad infierire il colpo mortale alla sua vittima predestinata. Come ogni thriller che si rispetti, non mancano colpi di scena e un finale mozzafiato, il tutto racchiuso un po’ frettolosamente nell’ultima parte del libro; un thriller psicologico anomalo, e per questo forse da leggere per esorcizzare le nostre angosce e per placare le nostre inquietudini.

Ringrazio la Neri Pozza per l’invito alla lettura.

SCHEDA DELL’EDITORE

Julia Crowne, avvocato divorzista, un matrimonio giunto ormai al capolinea, un’esistenza divisa tra l’essere una brava madre e una valente professionista, è alla guida della sua Volkswagen Golf diretta alla scuola della figlia. È in ritardo. L’incontro tra una sua assistita e la controparte si è protratto più del previsto, e Julia immagina già con ansia lo sguardo severo e seccato con cui la maestra di Anna, la sua bambina, l’accoglierà all’uscita della scuola. Minuta, capelli scuri, zainetto di Dora l’esploratrice sulle spalle e scarpette di pelle nera ai piedi, Anna varca i cancelli dell’istituto con i compagni e si guarda intorno in cerca di sua madre. Qualcuno la osserva. Qualcuno che dapprima si chiede come si possa essere così negligenti da lasciare sola una bimba di cinque anni, e poi agisce con risolutezza. Rapisce la bimba, la porta via con la logica di chi non si pone problemi riguardo a cosa è giusto o ingiusto, con la logica… del lupo che sbrana l’agnello senza alcun rimorso.

Trascorreranno ore angosciose in cui la polizia brancolerà nel buio e la tensione tra Julia e suo marito Brian, alimentata da rivelazioni scottanti sulla vita privata della giovane donna, rivelazioni misteriosamente pervenute alla stampa, giungerà a un punto di non ritorno. Finché un giorno non ricomparirà la piccola Anna, senza alcun segno di violenza addosso, senza ricordo del tempo della sua sparizione, se non la vaga memoria di una grande casa delle bambole in cui le parrà di aver dormito. Una ricomparsa inspiegabile per la logica comune, ma non per quella di un lupo, e dei suoi scopi perversi e crudeli.

Con La logica del lupo Alex Lake – pseudonimo dietro cui si nasconde un celebre scrittore inglese – consegna al lettore una storia avvincente e realistica sulla rete di pressioni, timori e drammi che si dipana attorno alla scomparsa di un minore, travolgendo la vita delle persone coinvolte. Un thriller psicologico mozzafiato, che mette in scena una delle paure più concrete e inquietanti del nostro tempo.

Katja Macondo

Recensione libro “I nostri cuori chimici” di Krystal Sutherland

La Rizzoli, con di Krystal Sutherland, ha fatto sicuramente un’ottima scelta editoriale. Un libro adatta ad un pubblico giovane, pensato per chi è alle prese con i primi amori, e per chi si confronta con passioni struggenti e delusioni cocenti. Quando mi hanno proposto questa lettura, a dir la verità, ero un po’ scettica, più volte ho avuto occasione di leggere libri appartenenti a questo genere, per arrivare alla conclusione che tutti, nel bene e nel male, seguono un cliché. La struttura dei racconti segue uno schema prestabilito e le trame tutte abbastanza prevedibile, la scelta dei protagonisti poi scontatissima. Insomma ero incuriosita, ma non troppo. Invece ho dovuto ricredermi, la storia mi ha conquistato subito, forse per la sua semplicità, forse perché una volta tanto sono i sentimenti del ragazzo ad essere messi a nudo.

Di fatti, la voce narrante Henry vuole conquistare il cuore della bella e triste Grace. Giovane studentessa da poco arrivata nella sua scuola. Le inquietudini amorose di Henry vengono di continuo messe in discussione da sè stesso, dai suoi amici, dalla sua famiglia. Ognuno si è fatto un’idea su Grace, tutte in contraddizione l’una con l’altra. Una ragazza alquanto misteriosa che cela un segreto troppo doloroso per essere svelato, neanche ad Henry, riuscirà solo dopo tanto tempo a far breccia nel suo cuore, a conquistarsi la sua fiducia e ad affacciarsi nella sua vita. Una vita ai margini di tutti, isolata nel suo mondo, lontana dalla spensieratezza, lontana dal cuore di Henry. Sfuggente, imprevedibile, malinconica, si concede di rado agli altri, di rado compare la ragazza sorridente di una volta. Li accomuna l’amore per la scrittura e questo darà loro modo di confrontarsi, l’occasione giusta per conoscersi meglio. Le strane abitudini di Grace, reduce da un brutto incidente stradale, portano Henry a porsi delle domande.

Vorrebbe conoscere meglio questa ragazza, così sfuggente, spettrale. I loro dialoghi sono un lento e inesorabile crescendo di emozioni, si percepisce la purezza dei sentimenti in gioco. Questa è sicuramente la caratteristica che più di tutte mi ha meravigliato e conquistato. Non c’è fretta, l’amore va vissuto assaporando ogni attimo. Henry percepisce il disagio di Grace più di chiunque altro, lotta con tutte le sue forze, vuole dare una chance a questo amore. Ma è difficile, gli ostacoli sono dentro l’anima spezzata di lei, che non riesce a lasciar andare quella parte di sè legata indissolubilmente al suo primo grande amore.

“Avevamo un amore difficile, io e Grace, quel tipo di amore che ti faceva annegare se ti immergevi troppo. Era un amore che ti legava piccoli pesi al cuore, uno alla volta finché lui diventava così pesante che si staccava dal petto.” Essere una comparsa nella vita di Grace diventa l’ultima e forse l’unica alternativa di Henry. Si rende conto che a Grace serve un amico, non un ragazzo. Poteva essere solo questo per lei, poteva essere un buon amico. Sarà disposto? Riuscirà a sopportare il dolore di una tale verità? Non l’avrebbe mai costretta a scegliere tra lui e il suo passato. Nonostante lei lo ami a modo suo, non c’è soluzione. Grace non è disposta a perdonarsi. “Grace Town è stata una esplosione chimica nel mio cuore.

È stata una stella che si è trasformata in supernova. Per qualche fugace attimo ci sono stati luce e calore e dolore, più luminosi di una galassia, e nella sua scia lei non ha lasciato altro che oscurità. Ma la morte delle stelle fornisce i mattoni della vita Tutti noi siamo fatti di materia stellare. Tutti noi siamo fatti di Grace Town.” Lettura pulita, priva di fronzoli, pensato per i giovanissimi, ma in realtà per tutte le età. Un’esperienza ricca di significato e con molti messaggi positivi racchiusi in una prosa poetica e riflessiva. Le disquisizioni sull’amore, sull’universo, sulla chimica, tutte bellissime ed intense, arricchiscono l’intero percorso di lettura. Quello che mi ha colpito di più è stata la semplicità del racconto che arriva dritta al cuore del lettore, perché l’amore resta l’unico protagonista. Henry e Grace, due ragazzi qualunque che devono fare i conti con le delusioni e con la realtà, perché alle volte i sogni bisogna lasciarli andare, “le persone non sono contenitori vuoti che puoi riempire con i tuoi sogni a occhi aperti.”

SCHEDA DELL’EDITORE

Henry Page ha 17 anni e non si è mai innamorato. Paradossalmente, la colpa è del suo inguaribile romanticismo: Henry è da sempre così aggrappato al sogno del Grande Amore da non aver lasciato spazio alle cotte che da anni elettrizzano le vite dei suoi amici. Non è una scena da film nemmeno il primo incontro con Grace Town: Grace cammina con il bastone, porta vestiti da ragazzo troppo grandi per lei, ha sempre lo sguardo basso. Complice il giornale della scuola, Henry se la ritrova vicina di scrivania, e presto precipita nella rete gravitazionale di Grace, che più conosce, e più diventa un mistero. Grace ha ovviamente qualcosa di spezzato e questo non fa che attirare Henry, convinto di poterle ridonare quel sorriso che fino a pochi mesi prima la accompagnava ovunque. Ma forse il Grande Amore è più amaro di quanto i romantici credano.

Katja Macondo

Il libro “Un missionario in canoa” donato a papa Francesco

I coniugi Miglietta mentre consegnano il libro al Papa

È stato donato a papa Francesco il libro della giornalista monferrina Veronica Iannotti “Un missionario in canoa”. Il volume, che descrive la vita di don Gervasio Fornara, è stato portato giovedì 20 ottobre u.s. da Emanuele Miglietta e sua moglie Paola Nasatti, che si sono recati a Città del Vaticano, per seguire la S. Messa officiata dal papa presso la Cappella Santa Marta, in occasione del loro 25esimo anniversario di matrimonio. “È  stata una grande emozione incontrare sua Santità – racconta Miglietta – gli ho spiegato che volevo avesse questo libro perchè narra la storia di un sacerdote, Parroco della nostra Parocchia del Valentino a Casale Monferrato, per tredici anni, che è appena stato trasferito a Novara, il quale per quarantun anni, è stato missionario in terra colombiana, e ha svolto questa opera esattamente come il Papa insegna che un missionario dovrebbe fare, e come un sacerdote dovrebbe essere”. Il libro, cui anche il TG3 Piemonte ha dedicato un servizio, racconta la storia di don Gervasio Fornara, che partito non ancora sacerdote per la Colombia, ha passato quarantun anni nelle foreste dell’America Latina.

Il libro, cui anche il TG3 Piemonte ha dedicato un servizio, racconta la storia di don Gervasio Fornara, il quale partito non ancora sacerdote per la Colombia, ha passato quarantun anni nelle foreste dell’America Latina. In quegli sconfinati e primordiali territori, il missionario salesiano ha fondato due Centri Missionari, la prima televisione locale del Paese e diverse stazioni radiofoniche.

“Ho deciso di scrivere questo libro – racconta Iannotti – che conoscevo don Gervasio da pochissimo, ma ho subito capito che aveva avventure incredibili da raccontare, vicende che non aveva mai confidato a nessuno, ed è stato proprio così. Dopo un lavoro di due anni tra interviste, stesura e ricerca del materiale, ho deciso di pubblicare il manoscritto, senza sapere a cosa mi avrebbe portato. Tuttavia mi era chiaro lo scopo primario: volevo che fosse un esempio. L’esempio di come un uomo possa da solo, fare la differenza e salvare la vita a tante persone, senza denaro o posizioni di potere, armato solo della sua forza di volontà, della determinazione e della Fede. Vedere adesso papa Francesco stringere nelle mani il libro, è una sensazione indescrivibile.”

Recensione libro “L’armonia segreta” di Geraldine Brooks

Leggere “L’armonia segreta“, edito da Neri Pozza, è stata una necessità impellente, inarrestabile. Ho gustato parola per parola, letto avidamente ogni riga, per catturare tutta la bellezza racchiusa nell’ultimo romanzo di Geraldine Brooks, giornalista, scrittrice, premio Pulitzer. Con lei ho imparato a rivalutare ed apprezzare il romanzo storico. Ogni volta è una nuova ed interessante esperienza letteraria, ma non solo, si ha la netta impressione, con i suoi libri, di raggiungere una nuova meta, di impossessarsi di una nuova pagina del passato. La sua prosa, fluida, essenziale, ricca, ti guida attraverso la vita dei protagonisti. La qualità più evidente della Brooks è sicuramente la semplicità, arrivare al lettore con chiarezza, senza dubbio alcuno, senza fraintendimenti, c’è solo la storia che parla attraverso la sua penna. I suoi romanzi storici hanno un’accezione moderna, non si sente mai il peso del racconto, che il più delle volte è cruento, spietato, violento. Ci si immerge con naturalezza in epoche lontane, nelle vesti di personaggi del passato, senza accorgersi del divario temporale.

La modernità della sua scrittura mi ha sempre incantato, ricordo con nostalgia “I custodi del libro” e “Annus mirabilis” in particolar modo, due grandissime opere letterarie che consiglio a tutti di leggere. Con L’armonia perfetta, ho sperimentato sulla mia pelle la bellezza della scoperta. Conoscevo poco, o quasi nulla, del protagonista di questo romanzo, sto parlando di re David. Un uomo, che da semplice pastore è diventato re d’Israele. L’autrice riporta in vita questo personaggio, tra mito e realtà, discostandosi dalla versione biblica, offrendo una nuova prospettiva.

Emergono nel libro i tanti volti di questo re, tra verità storiche e leggenda. Una figura contradditoria, che si presenta ora spietata, sanguinaria, ora amabile, giusta ed equa. Intelligente come pochi, ha saputo fin dalla tenera età aggirare gli ostacoli posti sulla sua strada, la sua caparbietà e la sua indole indomita ne hanno fatto un fiero guerriero, un eroe osannato, ma nello stesso tempo un brigante e un despota.

Ne emerge un ritratto poco lusinghiero di un re amato e odiato, e proprio per questa sua umanizzazione, la sua figura in questo contesto risalta ancora di più. I suoi difetti amplificano le sue gesta, dando conferma della sua generosità e della sua passionalità, che hanno segnato i suoi passi nel bene e nel male. I suoi amori, numerosi e variegati, lo hanno accompagnato fino alla fine. Le sue mancanze come genitore, segnano un’epoca di conflitti familiari per la successione, che sfocerà nel peggiore dei crimini, il fratricidio.

Tutta la vita a lottare contro i nemici del suo popolo, alla ricerca ossessiva del potere, della vendetta, della supremazia, per ritrovarsi vecchio e solo a difendersi dai propri figli. Un magnifico romanzo d’avventura e, insieme, un’epopea incentrata sulla fede, sempre presente attraverso la voce narrante di Natan, profeta e veggente, fedele servitore e consigliere di re David; ci narra delle sue gesta sempre in armonia con il divino, con la Voce, che puntualmente si esprime attraverso Natan nei momenti di maggiore difficoltà, guidando il re nelle sue scelte.

Il suo regno è durato quaranta anni ed è stato considerato il vero fondatore del reame iraelitico, di lui si ricordano la sua abilità politica e il suo coraggio, che gli permisero di unificare le varie tribù d’Israele, in contrasto da sempre. Ricordiamo, inoltre, che re David designò in punto di morte come suo successore il figlio Salomone, ricordato dalla Storia come re buono e giusto, lasciandogli in eredità un regno nel massimo dello splendore. “La tua gente vivrà in pace” dissi. ”Ciò che tu hai conquistato a prezzo di molto spargimento di sangue, ciò che tu hai iniziato, verrà portato a compimento da tuo figlio. E finché egli regnerà, il popolo della nostra terra vivrà in pace e sicurezza, ognuno sotto la propria vite e sotto il proprio fico”. Romanzo potente, affascinante, ne consiglio la lettura per ammirare da vicino uno dei leader più contraddittori della Storia.

TRAMA

È l’alba di una calda estate del X secolo a.C. quando il piccolo Natan è destato dal sonno da grida atroci, provenienti da ogni parte del villaggio lungo le rive del Mar Rosso, dove da tempo immemorabile la sua famiglia esercita il mestiere di vignaioli. Si precipita fuori casa, e la scena che si apre davanti ai suoi occhi è raccapricciante. Suo padre e suo zio giacciono in un lago di sangue, e davanti ai suoi occhi, la daga ancora stretta nella mano, si erge l’assassino: David, il figlio di Yshay di Bet Lehem. Accampato nei pressi del villaggio, chiedeva da qualche giorno una decina di otri di vino e qualche sacco di datteri per sé e i suoi uomini e, dinanzi al rifiuto del padre di Natan, è penetrato furtivamente di notte tra le case per vendicarsi. Col volto rigato di lacrime, Natan fissa negli occhi quel giovane uomo noto nell’intero Israel per il suo coraggio, la sua audacia e il suo talento nel trarre le armonie più segrete dall’arpa che tiene sempre con sé.

Da ragazzo, a Emeq Elah, ha messo in fuga i Filistei, uccidendo con un colpo di fionda ben assestato il gigante Golyat. Valente guerriero, è stato a capo di tutte le armate di re Shaul, finché un giorno il re, accecato dalla gelosia, gli ha scagliato contro una lancia, e lo ha costretto alla fuga e a una vita da brigante e predatore di villaggi indifesi. Natan dovrebbe esplodere d’ira e di rabbia, ma, mentre una strana calma si impadronisce di lui, comincia a proferire delle parole che non riesce a sentire, ma che turbano profondamente David e i suoi compagni. Parole dettate da una Voce che parla attraverso la sua bocca. Parole che annunciano una grande profezia: il figlio di Yshay di Bet Lehem, il guerriero divenuto brigante per volontà di Shaul, sarà incoronato re di Yehudah, farà un solo popolo delle tribù del Nome, fonderà il regno imperituro di Israel.

E lui, Natan, piccolo pastore e vignaiolo del Mar Rosso, sarà il suo profeta. Da eroe a brigante, da re amato a despota, tutti i volti di re David emergono in questo libro, in cui l’autrice di Annus mirabilis ripercorre l’appassionante storia di un uomo che oscilla tra verità e leggenda, creando un magnifico romanzo d’avventura e, insieme, una magistrale epopea sulla fede, il desiderio, l’ambizione, l’amore e il tradimento.

L’AUTRICE

Geraldine Brooks ha vinto il Pulitzer Prize con il romanzo L’idealista (Neri Pozza 2005). Autrice di due saggi di grande successo: Nine Parts of Desire: The Hidden World of Islamic Women e Foreign Correspondance, corrispondente di guerra per il Wall Street Journal, il New York Times e il Washington Post, Brooks è nata in Australia e vive oggi in Virginia, negli Stati Uniti. Il suo primo romanzo, Annus mirabilis, è stato un bestseller internazionale.

Katja Macondo

Recensione libro “Freddo fuoco bruciato” di Marisa Pezzella

Merito alla giovane autrice emergente, Marisa Pezzella, per aver scritto un libro credibile, da tutti i punti di vista. Con un taglio semplice, aperto, le storie di Eva, Dylan e Riccardo ci entrano nell’anima. La trama ti cattura fin dalle prime pagine, nulla è scontato o prevedibile, le storie sono affini alla nostra realtà.

Quando il dolore per una perdita ci annienta, nel fisico e nella mente. Ritrovandoci a lottare contro l’incapacità di accettare questa sofferenza, e si intraprende una lotta quotidiana con i propri sensi di colpa. Il sentirsi sempre sul baratro, ed esserne consapevoli, ma incapaci di reagire, cercando soluzioni lì dove c’è solo il piacere di un attimo, senza trovare la pace tanto sognata. “Portami via” sussurrò sulle labbra di Veronica…

L’intero romanzo ruota intorno a tre personaggi, tutti alle prese con i propri fantasmi. Con i ricordi di un passato onnipresente, difficile da archiviare. Le loro vite si incroceranno, si scontreranno per vari e diversi motivi, si intuisce un legame, qualcosa che li accomuna, ma resta ben celato fin quasi alla fine, grazie e merito alla Pezzella, per la giusta dose di suspense e pathos. Le emozioni sono il cardine dell’intera vicenda, albergano in ogni pagina con eleganza senza mai strafare, ogni lettore può rispecchiarsi, sentirsi dentro alla storia. Questo l’ho apprezzato moltissimo, non c’è esasperazione, c’è la storia, nuda e cruda, tutto si concentra sulle loro vite, sugli inganni, le sofferenze, ma anche sulla bellezza dell’amore, dei primi amori.

Una bellissima storia d’amore incornicia la prima parte del libro, si respira l’intensità dei sentimenti, la felicità nel riconoscere la propria anima gemella, Eva e Dylan sentono dal primo momento di appartenersi, i loro sentimenti sono autentici, il lettore lo sa, lo sente.

“Lui è diventato quello che è per me perché completa ogni attimo di me e di noi insieme. È quel battito essenziale, ritmico e incalzante in ogni canzone. È come se prima di lui io fossi stata una semplice melodia… Lui con il suo sapore, il suo odore, la sua voce e il suo amore ha aggiunto dei piccoli suoni, quelli simili al ritmo dei battiti del cuore… Ha dato ritmo ed energia alla mia vita e, sussurro dopo sussurro, è diventato essenziale, nella mia vita come nella canzone.”

È talmente costruita bene la vita sentimentale dei personaggi, che anche solo poche righe, dove viene solo accennata una nuova storia, un nuovo amore, ti cattura, ti prende, ti emoziona. Freddo fuoco bruciato non è solo questo, è molto, molto di più. Con un’innata bravura, l’autrice è riuscita a costruire una storia dai contorni gialli, intorno e attraverso i protagonisti. Un thriller che non ha nulla da invidiare ad altri noti autori. Le esperienze oniriche e le visioni ultraterrene sono una presenza importante, sono il rovescio della medaglia dell’anima tormentata di tutti loro, sono l’espressione “soggettiva” della sofferenza. È un altro modo per sopperire alla mancanza di un proprio caro, per darsi forza e una ragione per continuare a vivere. Un bel diversivo che ha arricchito questa lettura, rendendola ancora più reale.

“Perché non riesco a essere dipendente dal suo sorriso, allora? Lei non ha marchiato solo il mio corpo, ma anche la mia anima. Ecco perché.” Sono onorata per aver avuto occasione di leggere questo bellissimo romanzo d’esordio di Marisa Pezzella, che mi ha fatto un bellissimo dono, mi ha lasciato l’uscio socchiuso, uno spiraglio, da dove sbirciare e attendere con trepidazione il sequel. Non vedo l’ora di leggerlo e farmi incantare ancora dalla sua prosa. “… non voglio ricominciare da un uomo per essere felice; voglio ricominciare da me.” Consiglio le vite di Eva, Dylan e Riccardo, una storia da non perdere.

SCHEDA DELL’EDITORE

La fiamma di una candela accesa si trova ad affrontare condizioni climatiche avverse e sembra sia destinata a spegnersi, cedendo al suo inevitabile destino. Il suo calore e la sua volontà di ardere sono però così forti da spingerla a combattere vento, freddo e pioggia. Proprio dentro se stessa troverà la capacità e la forza di rinascere, più viva e vigorosa di quanto non lo sia mai stata.

Questa è la leggenda che il nonno raccontava sempre a Riccardo da piccolo e che lo ha segnato per tutta la vita. Ma questa è anche la metafora puntuale del percorso di crescita che i due protagonisti si trovano ad affrontare, superando ostacoli e avversità, ma, soprattutto, superando se stessi. Freddo Fuoco Bruciato non è però un romanzo di formazione; non è un romanzo rosa, anche se l’amore è il suo motore; non è un thriller, anche se la morte viene inflitta e il colpevole deve essere trovato. Questo romanzo è piuttosto un insieme profondo e avvincente di tutti questi elementi, che l’autrice mescola con grazia e sapienza.

L’AUTRICE

Marisa Pezzella, nata a Caserta (CE) nel 1991, è studentessa universitaria di Scienze della Formazione nelle Organizzazioni presso l’Ateneo di Verona. Trasferitasi con la famiglia a Mantova nel ’99, è in queste terre virgiliane che scopre il piacere per la lettura e la scrittura. Risalgono al 2005 i suoi primi scritti, per lo più racconti brevi e alcuni romanzi inediti. Freddo fuoco bruciato è il suo romanzo d’esordio, ambientato a Mantova.

Katja Macondo