“Una giornata particolare”: Intervista a Giulio Scarpati e Valeria Solarino

“Una giornata particolare” interpretato da Giulio Scarpati e Valeria Solarino, è la trasposizione teatrale dell’omonimo film del 1977 diretto da Ettore Scola, che vedeva protagonisti i grandissimi Marcello Matroianni e Sophia Loren.

Capolavoro del cinema italiano, la pellicola ha ottenuto vari riconoscimenti internazionali vincendo, il Golden Globe come miglior film straniero e ricevendo due candidature al Premio Oscar, per il miglior film straniero e per il miglior attore, a Marcello Mastroianni. La trama racconta la vita di due persone: Antonietta, casalinga ingenua e madre di sei figli, sposata con un impiegato statale e fervente fascista; e Gabriele ex radiocronista dell’EIAR che sta per essere espatriato perchè omosessuale e antifascista. I due si conoscono nella giornata del 6 maggio 1938, data della storica visita di Adolf Hitler a Roma.

Antonietta è costretta a vegliare sul focolare, mentre quasi l’intero caseggiato affluisce alla parata in onore del Führer. Nella sua palazzina semideserta, si accorge della presenza di un suo dirimpettaio, Gabriele, che fino ad un attimo prima stava meditando il suicidio. Incontra la donna ed improvvisamente sollevato inizia a scherzare, accenna passi di rumba con lei e le offre in dono un romanzo (I tre moschettieri). Da quel momento intrecceranno un rapporto di reciproca vicinanza, attratti dal profondo desiderio di colmare uno stato di grande solitudine in cui entrambi vivono.

Ma parliamone con i protagonisti: Giulio Scarpati e Valeria Solarino, con noi dopo lo spettacolo del 14 febbraio presso il Teatro Municipale di Casale Monferrato (AL).

Giulio, cosa significa per te interpretare Gabriele, ruolo che originariamente fu del grande Mastroianni?

Sento ogni volta, il grande peso dell’interpretazione di Mastroianni, attore che io ho amato moltissimo, tanto che insieme alla regista Nora Venturini, abbiamo voluto realizzare questo film in teatro. Tutto questo nasce quindi, dal grande amore nei suoi confronti, anche se ho cercato di pensare al personaggio, Gabriele, non confrontandomi con l’interpretazione di Mastroianni, ma concentrandomi sul personaggio ideato da Scola, unendo la grande malinconia della trama, alla gioia di vivere del personaggio, contraddistinto altresì da un forte desiderio di uscire dalla sua difficile situazione.

Valeria, come ti sei preparata per il ruolo di Antonietta e quanto c’è di te in questo personaggio?

Sicuramente ho messo di me la cadenza siciliana quando parlo, la mia famiglia è di origini siciliane e quindi, anche se io sono di Torino, ho cercato di recuperare questo accento. Mi sono fatta addirittura registrare alcune frasi in dialetto, per riprodurre il linguaggio giusto.

Giulio, nel corso della tua carriera, anche se ti abbiamo visto in nuemrosi film e fiction, hai sempre fatto teatro: come vivi l’essere attore teatrale e attore per il grande schermo? Da Gabriele “Lele” Martini di “Un medico in famiglia” a Gabriele di “Una giornata particolare”: quali sono le differenze e cosa ami di più?

Ho iniziato a fare teatro che avevo dodici anni, quindi un amore nato fin da quando ero bambino, per me il teatro è necessario, sento il bisogno di farlo; la televisione se fatta bene, è un importante strumento di popolarità, quando ero agli inizi della fiction “Un medico in famiglia”, molte persone, per la prima volta nelle loro vita, sono andate a teatro, e lo hanno fatto per vedermi: questo è stato molto gratificante. Poter fare cinema, televisione e teatro di qualità, è il raggiungimento di un sogno.

 
Questa sera avete recitato presso il Teatro Municipale di Casale Monferrato, cosa è significato per voi recitare qui? Sono posti che conoscete?

Giulio: Io sono sicuramente già stato a Casale, anche se con l’età la memoria un po’ sparisce (ride), però questo Teatro Municipale è uno di quei posti che sanno di tradizione: bellissimo, accogliente, caldo e il pubblico qui lo sentiamo ancora più vicino, è come se anche loro fossero nella storia insieme a noi che recitiamo. Bellissima sensazione. A volte ci capitano quei cinema-teatro enormi e dispersivi, quasi “respingenti”, per una storia così intima, come quella di “Una giornata particolare”, sentirsi avvolti dal pubblico è la cosa migliore.

Valeria: Per me queste zone sono molto importanti perchè ci vive mio fratello: lui, mia cognata e i miei nipoti abitano ad Ozzano, perciò vengo spesso a Casale a fare una passeggiata con loro. Non ero mai entrata in questo Teatro, ma devo dire che è meraviglioso. Per me essere qui, è come essere a casa, ho i parenti e gli amici, insomma è un’emozione.

Intervista a Teorema

Teorema: un nome che apre a diverse interpretazioni, una molteplicità di donne diverse, ognuna con le sue sfaccettature, ognuna un colore della stessa tavolozza, volta a completare un quadro d’artista. Chi è dunque “Teorema”?

Teorema è il contenitore di quelle tante “donne che vivono dentro me”, vive dipingendo tutto ciò che la donna nella sua quotidianità riceve in chiave emozionale… non a caso ho detto più volte che osservando le mie creazioni, nel corso degli anni, si può leggere chiaramente, non un percorso artistico, ma una vera biografia di vita.  All’interno dei miei miei lavori si cela un’ intera esistenza, e spesso queste opere mi hanno aiutata ad esorcizzare i momenti più difficili e là dove non vi sono lavori che denuncino emozioni importanti, sono andata con la memoria a ritroso, per materializzarli, come fatto, ad esempio, ne il “Progetto Infanzia”, un progetto appunto, basato su di un’età fanciullesca, ma realizzato quando ormai dell’infanzia vi era rimasto solo il ricordo. Teorema nel quotidiano compra i fagioli al supermercato: la donna vorrebbe cucinarli, ma l’artista spesso prende il sopravvento e ne fa un’opera. Queste facce della stessa medaglia, ovvero la donna e Teorema, le ho rese amiche e complici di vita, per questo, quando amo e soffro nella mia esistenza, lo faccio in modo estremo e senza alcuno sconto emotivo.

Essere un artista: una pittrice moderna ed esserlo in Italia, un Paese che affonda le sue radici in un passato pieno di artisti immensi, in una nazione che è stata per secoli la culla della cultura e della civiltà. In quest’ottica com’è il tuo rapporto con il pubblico?

Insostituibile. Spesso diviene quel colore che non ho sulla mia tavolozza, indispensabile per terminare un’opera, come ad esempio in una performance, dove il pubblico diventa co-protagonista.  Dal mio pubblico assorbo tutto, anche l’ indifferenza: nelle mie opere trascrivo sia gli sguardi che ho ricevuto, sia quelli di coloro che non mi hanno vista.

Le gioie e i dolori del rapporto fra artista e realtà, come viene percepita la tua particolare arte e cosa significa realizzare delle performance?

Utilizzo la Performance come un inciso del mio operato “artigianale”, pittorico grafico o di installazione. In Italia è stato molto arduo durante i miei primi vent’anni di lavoro, presentare una performance senza rischiare di non essere compresa, spesso perchè mi trovavo di fronte ad un pubblico non preparato. Nel corso degli anni ho tratto forza da quella sorta di “impreparazione”, e oggi posso annoverare fra i miei estimatori anche persone “non addette ai lavori”, ma certamente ricche di intelletto e munite di una forte sensibilità. È indubbio che quando si parla di arte non tradizionale ci si trovi spesso davanti ad un muro. L’Italia è ricca di opere d’arte classiche, spesso dimenticate, e sono i turisti che il più delle volte ci ricordano le “nostre” meraviglie. Il possedere tutte queste opere, averne tante e sempre a disposizione, può essere un’arma a doppio taglio: non permette la ricerca dell’arte, non stimola a creare e creare ancora. Troppo spesso, il nostro popolo non ha mai visitato un museo o è mai stato in una città storica. C’è da sottolineare che, a mio avviso, internet in questo caso non aiuta, anzi l’avere una “cultura artistica” così vicina, non permette di toccarla con mano. In altri paesi del mondo, non avendo una “tavola imbandita” d’arte, suddivisa per qualità e quantità, ci si spinge maggiormente alla ricerca, investendo, e conseguetemente dando più spazio anche all’arte contemporanea e a quelle espressioni artistiche insolite, come possono essere, appunto, le performance. Si potrebbe dire che in Italia esiste “tanto di quel bello”, che del bello ci siamo dimenticati.

Come nasce ” Teorema” e perché?

Il mio “nom de plume” nasce da una provocazione verso me stessa, ho deciso di ribattezzarmi “Teorema” all’inizio della mia carriera artistica e con me stessa ho stretto un patto: quando sarò riuscita a realizzare quella che a mio giudizio sarà una vera opera d’arte allora avrò sciolto in nodo e avrò dimostrato il mio Teorema.

L’arte e la pittura come forme di comunicazione che nascono dal profondo: il tuo “io” che parla e si esprime al mondo.

Penso che quando si parla di arte ci voglia tanta umiltà: l’arte è sacra e come tale va trattata. È chiaro che ogni essere umano utilizzi i mezzi più vicini a sè per dialogare e confrontarsi con il mondo circostante. Io personalmente ritengo che l’espressione pittorica, piuttosto che quella grafica, non abbia nulla da invidiare ad una qualunque forma di linguaggio comune, ma anzi rappresenti un valore aggiunto di comunicazione; come ha sostenuto un abile studioso della psiche umana, il dott. Paolo Cogorno, nella presentazione di una mia mostra: “le opere d’arte non dobbiamo leggerle come dei monologhi dell’artista, ma il pubblico si deve sentire fruitore e lo stesso pubblico può creare un processo artistico utilizzando l’opera d’arte per divenire lui stesso artista del suo pensiero”. Utilizzo la pittura per comunicare e non potrei mai utilizzare per sempre una sola espressione tecnica, questa è la vera ragione per cui suddivido il mio operato in Progetti completamente differenti tra loro (ne sono esempio il “Progetto Spaziale”, il “Progetto Arlecchino” e il “Progetto Donna Oggetto Soggetto”), sebbene ogni opera sia contraddistinta da un filo conduttore, un elemento comune: un pallino o una grossa palla che non dimentico mai di inserire all’interno di una creazione.Questo potrebbe far pensare che non abbia ancora trovato un mio stile d’espressione: la verità è che ne ho trovato più d’uno.

Il tuo rapporto con l’arte segue le stesse tappe di un qualuque rapporto d’amore “classico”: il corteggiamento, il fidanzamento e il matrimonio. Cosa simboleggiano queste fasi?

Come anticipai nel 2011 nel corso di un’intervista per la rivista “EquipeCo”, sono figlia d’arte e come tale ho vissuto alcune disaventure nella mia esistenza che ho trasformato in creatività. Dopo aver partorito la performance ” Teoremino”, che rappresentava un bimbo alieno giunto sulla terrra a per ricordare al mondo la sua sensibilità, correlato al “Progetto Spaziale” e dopo molte partecipazioni televisive nel corso degli anni, ho deciso di proclamare quel periodo come un fidazamento ufficiale con la mia arte. Oggi, dopo venticinque anni dalla mia prima mostra, credo sia giunto il momento di sposarmi, coerente con quanto è stato il mio percorso artistico.

La biografia di Teorema è qui.

Adesso parte la vita di coppia, quella vera…

Si da qui nasceranno i figli di questa unione ormai “matura” e attendo delle belle creature… in fondo, io e l’Arte, ci siamo amati per venticinque anni e non potrà che essere così.

La performance artistica “Teorema sposa l’Arte” avrà luogo presso l’Arte Fiera di Genova, il 14 febbraio 2015, alle ore 18.00.

Nel corso dell’evento interverrano il Prof. Giorgio Grasso e la Dott.ssa Mattea Micello – Per info: www.artegenova.comwww.teoremart.com